Il magico mondo di Castelluccio

Sulla dolce dorsale tra Castelluccio e Norcia.
Una giornata grigia e con accentuata varibilità è l'ideale per una bella sgroppata su questa larga e dolce dorsale, dal Rifugio Perugia, il monte Ventolosa, il monte Calarelle, il monte Vetica e il monte di Valle Serica sono stati una introspettiva location che ci ha presentato diversi ambienti, dal nulla della nebbia fitta a scorci entusiasmanti nei pochi momenti di visibilità.


Sono tre giorni che le previsioni mettono al peggio un po’ ovunque, pioggia, nevischio, e ancora pioggia, inutile allargarsi di zona tutto l’Appennino è coinvolto; rassegnati abbiamo passato un bel sabato, in famiglia, con la mia anziana madre, con i nipotini gemelli appena nati, con mio fratello e la sua compagna. Tornati a casa nemmeno ci siamo preparati, un’occhiata distratta ai siti del meteo e abbiamo fatto tardi davanti alla TV e alla fiamma della stufa. Qualcosa però ci diceva che non era del tutto perso, mi sono svegliato alle 6 della domenica ed ho aperto la persiana, le nuvole tagliavano a metà la montagna dei fiori, la pioggia era caduta fino a pochi minuti prima, mi sono rimesso a letto, eppure … Ci siamo svegliati alle otto, una occhiata fuori, non era migliorato molto ma almeno non sembrava minacciare pioggia, su due piedi propongo un giro sopra Castelluccio, tanto per camminare, tanto per non allontanarci troppo; il tempo di fare colazione, mettere qualcosa dentro lo zaino e siamo in macchina, male che andrà avremo fatto poca strada e torneremo a casa. Oltre le gole del fiume Tronto, oltre Trisungo, le nuvole sembrano più alte, filtra luce, ma a Forca di Presta siamo già nel mezzo delle nuvole, la piana di Castelluccio invece è sgombra ma un bel mantello grigio copre ogni orizzonte; raggiungiamo la sella sul versante opposto, sopra il rifugio Perugia, le condizioni non mutano, siamo al limite delle nuvole tanto che quando partiamo il monte Ventolosa poco lontano nemmeno si vede. Prendiamo la carrareccia ampia dove scorre il GAS, il Grande Anello dei Sibillini, con gradualità saliamo fin sotto il monte Ventolosa, a tratti qualche spiraglio si apre ma subito si richiude, solo quando superiamo la costa del monte una cinquantina di metri sotto la vetta che appena si percepisce e superato il breve tratto di faggeta si iniziano ad avere orizzonti un po’ più estesi; il falasco arso, la bruma decisamente autunnale, le linee delle montagne docili e dolci, le nebbie, gli spiragli confusi verso la piana di Castelluccio richiamano una suggestione dal sapore quasi scozzese, così almeno mi immagino la Scozia dal momento che non l’ho mai visitata. La carrareccia prende a scendere per poche centinaia di metri fino ad una sella quadrivio di sentieri e biforcazione di vari altri percorsi; prendiamo quella che sale traversando sull’altura che abbiamo davanti, monte Vetica, il GAS continua in quota sulla destra ma da lì ci torneremo; gli orizzonti ad Est lentamente si allargano fin su tutta la piana di Castelluccio e si iniziando ad intuire le prime linee delle creste imbiancate del Redentore. Le condizioni mutano continuamente, le linee e i profili rimangono morbidi, le nebbie si aprono e si ricompattano continuamente tanto che alcuni spiragli di luce filtrano e accendono fari inaspettati su piccoli dettagli lontani, ora le linee geometriche sulla piana di Castelluccio poi la boscaglia dai colori autunnali sul versante opposto che scende su Norcia, l’atmosfera rimane rarefatta, col leggero vento teso e freddo che soffia si è creato un ambiente ricco di suggestione, di splendido isolamento, guardarsi intorno e vedere poco o nulla eppure percepire tutto; sono momenti diversi, preziosi per l’anima, unici. Continuando tra ampie praterie, dolci avvallamenti e morbide dorsali raggiungiamo l’ometto di cima di monte Valle Sirica (+1,30 ore) nel momento in cui tutto sparisce repentinamente, un 1748m. che offrirebbe una bella vista sulla Piana e sul Redentore ma che invece è solo un ampio mammellone nel nulla più assoluto. Continuando verso Nord avremmo potuto collezionare altre morbide salite e ampie selle, raggiungere il monte Tusconi e il più lontano monte delle Rose ma non ne sarebbe valsa la pena; il rischio di perdere la direzione non esisteva ma visto che nel pomeriggio le previsioni mettevano al peggio per oggi poteva bastare così, era già andata bene ed era inutile osare oltre. Un po' a “fiuto” ritorniamo indietro scendendo sulla larga dorsale per cercare di raggiungere la piccola elevazione precedente su cui avevamo visto sorgere un altro minuscolo ometto, tra la nebbia le distanze si perdono, diventano meno tangibili, quell’ometto è apparso solo all’ultimo momento tanto che pensavamo di aver già deviato fuori traiettoria; sulla sella successiva intravediamo in basso la sterrata che raggiunge tagliando a mezza costa il quadrivio incontrato poche ore prima, decidiamo di scendere per toglierci un po' dalle nuvole e incrociamo una traccia evidente che traversando perde velocemente quota, quando la nebbia si dirada capiamo che punta la sorgente delle tre fonti e che viene toccata dalla sterrata che ci sarebbe servita per il rientro; le nuvole rimangono alte, la sterrata, di nuovo il GAS, viaggia quasi in piano, il rientro è facile, scontato e lento tanto è bello camminare in questa landa al confine del mondo; tagliamo il versante sopra la stretta valle Caprelli è una piccola “enclave” che si stacca dalla piana di Castelluccio e che è popolata da poche mucche e pochi cavalli, stretta dal monte Castello si allunga ancora verde fino alle pendici del monte Ventolosa. Nel mentre verso Est, tra grigie nuvole si apre una grande asola, un occhio gigante in corrispondenza del Redentore e dello Scoglio dell’Aquila, la cresta imbiancata spicca sullo sfondo del cielo azzurro, il grigio delle nuvole è la cornice inaspettata, la piana di Castelluccio in ombra è quasi impercettibile tanti sono i contrasti di luce, momenti belli, inaspettati che cerco di catturare con la macchina fotografica ma che certo non ci restituiranno le sensazioni del momento. Lungo la sterrata qualche cespuglio di rosa, le bacche rosse da cui cadono gocce di umidità, mi diverto a catturare altre istantanee di questa introspettiva giornata, nei poco più di due chilometri di sterrata succede di tutto, dalle nebbie fitte della dorsale siamo passati agli orizzonti larghi e alla luce ma già sotto il Ventolosa tutto era ripiombato nel grigio delle nuvole, la mutevolezza la faceva da padrone tanto che la nebbia ci accompagna fino quasi alla macchina (+1,40 ore), gli ultimi lampi di luce sono stati per la linea scura e sinuosa della strada che sale verso Forca Canapine, sul versante opposto, contornata da sbiadite macchie di bosco autunnale che chiudevano il sipario su una calma e struggente giornata, una piacevole passeggiata di una decina di chilometri che ha sviluppato l’insospettabile dislivello di circa 600 metri.